lo yoga

da Via interiore a fenomeno globale

Elisabetta Pastorelli

4/1/2025

Lo yoga nasce migliaia di anni fa in India. Era un cammino di liberazione, di unione tra corpo, mente e spirito. Una pratica spirituale, silenziosa, dove l’ascolto era più importante del movimento.

Non c’era fretta. Non c’era competizione.
I testi antichi come le Upanishad, la Bhagavad Gita, e soprattutto i Sutra di Patanjali, parlavano di uno yoga fatto di disciplina, etica, concentrazione, meditazione e, solo dopo, di asana.

Quando lo yoga arriva in Occidente, tra la fine dell’Ottocento e il Novecento, viene accolto con curiosità. Ma nel tempo, si trasforma.
Diventa una ginnastica dolce, poi una moda. Oggi, in molti casi, è diventato un prodotto da vendere.

Il corpo ha preso il posto dell’anima.
La performance ha preso il posto della ricerca.
Le foto hanno preso il posto del silenzio.

Non tutto è perduto, ovviamente. Ci sono insegnanti e praticanti che custodiscono il cuore dello yoga. Ma la massa lo ha assorbito secondo la propria logica: visiva, veloce, individualista.

In questa corsa verso l’immagine, si è perso il senso della lentezza, del respiro consapevole, del lasciar andare.
Si è smarrito il concetto chiave: yoga è unione.
Unione con sé, con l’altro, con la vita.

Lo yoga non è far vedere. È vedere dentro.
Non è diventare qualcun altro. È ritrovare sé stessi.

Forse il compito di chi lo pratica con rispetto è proprio questo:
tenere viva la fiamma dell’origine.
Ricordare che ogni volta che ci sediamo sul tappetino, stiamo facendo un atto sacro. Non verso il mondo esterno, ma verso il nostro mondo interiore..